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Siamo la generazione «io esisto, dunque valgo!»

Quest’epoca è forse quella che sarà maggiormente ricordata come quella della sovraesposizione, del bisogno di apparire a tutti i costi. Dilaga un’esigenza compulsiva di mostrarsi, di parlare di sé, di postare le proprie foto, di pubblicare frasi celebri e immagini che più ci rappresentano.

Godere di quei momenti di celebrità serve a fissare un tassello nella costruzione della propria immagine esterna e, come “oggetti” in vetrina, l’io necessita di un riscontro, di un riconoscimento del proprio valore (ti piaccio? like/unlike).

Cosa si cela dietro questa massiccia espressività? Che cosa va a nutrire il bisogno di riconoscimento?

Questo bisogno di essere visti rivela una costante ricerca di identità, una conferma che fa parte di un processo che non si arresta mai e che viene tamponato da una illusoria sensazione di esistere.

Chi ha visitato il mio profilo? Chi ha condiviso un mio pensiero? Quanti followers si sono aggiunti questa settimana?

Parliamo di autostima o stima di sé.

In psicologia l’autostima è la valutazione positiva o negativa che si dà di sé e comprende tre aspetti: cognitivo, che fa riferimento all’opinione che ognuno si costruisce di sé; emotivo, che si riferisce a ciò che ciascun prova nei propri riguardi e comportamentale, che si riferisce a come ci si comporta verso se stessi. Da dove ha origine questa percezione soggettiva?

L’autostima si costruisce a partire dai primi giorni di vita del bambino e riguarda (guarda un po’) il rapporto che i genitori instaurano con lui. È, infatti, nei primissimi anni di vita, a partire da quelle primarie risposte di amore e approvazione che le figure significative saranno capaci di offrirgli, che il bambino inizia a farsi un’idea di sé e del proprio valore.

Le teorie psicodinamiche, affermano che se i bisogni del bambino vengono soddisfatti, egli vive un’esperienza di benessere e di gratificazione e si genera un’autostima positiva; quando questo non avviene egli vive uno stato di frustrazione e si costituisce come individuo con un’autostima fragile. Viene da se che, se la relazione genitore – bambino è “sufficientemente buona”, il piccolo introietta un senso di sicurezza e di fiducia, altrimenti s’innesca un’escalation di ricerca di affetto e di conferme del proprio valore che non troverà mai pace. Possiamo quindi affermare che quando il legame di attaccamento con la figura di accudimento primaria è adeguato, il bambino sviluppa un’immagine di sé positiva e schemi mentali che utilizzerà come base per i rapporti interpersonali futuri.

Alcuni contributi della psicologia sociale identificano nell’autostima il rapporto fra Sé percepito e Sé ideale, in altre parole il rapporto tra ciò che siamo e ciò che pensiamo di essere. In base alla convergenza o meno tra questi, proveremo frustrazione o soddisfazione. Più è ampio il divario e più bassa sarà la stima di sé, mentre l’alta autostima è legata al successo inteso come capacità di esaudire le proprie aspettative.

Secondo la psicologia dello sviluppo l’autostima si apprende e si costruisce nel tempo. Ciò implica che essa è suscettibile di andare incontro a modificazioni, è possibile, cioè, che si apprendano comportamenti e schemi di pensiero nuovi, sulla base di una profonda conoscenza di sé stessi. Una bassa autostima non è quindi una condizione immutabile e permanente, è piuttosto un segnale di allerta che ci indica che stiamo trascurando la nostra vera essenza, i nostri reali bisogni e sentimenti.

Una sana autostima contribuisce, inoltre, a rafforzare la resilienza di una persona, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.

L’autostima è sicuramente un indicatore generale della salute psicologica dell’individuo, ha un’influenza sullo stato emotivo globale, che a sua volta influenza la motivazione e gli interessi.

Prendendoci cura di essa, creiamo un fattore protettivo dagli eventi stressanti e dolorosi.

Dott.ssa Elena Albieri

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